Guerrilla marketing: la “lotta armata” della comunicazione
Una storia più antica di quel che si pensi, un panorama in continua evoluzione… il guerrilla marketing è l’unconventional marketing che sfida il gusto, provoca i tempi e definisce e ridefinisce continuamente le proprie regole. Con un punto fermo però: colpire.
L’espressione fu coniata nel 1984 da Jay Conrad Levinson – con la pubblicazione dell’omonimo libro – unendo i due termini guerrilla (ovvero una forma di lotta armata condotta da piccole formazioni perlopiù irregolari contro un esercito regolare che prevede attacchi a sorpresa, imboscate e brevi scontri) e marketing. In altre parole, il guerilla marketing è l’azione “armata” – perché mirata a “colpire” il pubblico e i media utilizzando metodi, stratagemmi e strumenti di comunicazione non convenzionali e altamente creativi.
Minimo investimento, azione diretta e passaparola: i principi base del guerrilla marketing
Il massimo impatto con il minimo investimento. Un’azione portata avanti essenzialmente da professionisti e piccole imprese per mantenere o rafforzare la propria posizione in un mercato compatto e sempre più difficile da penetrare, ovvero da quegli attori che non avendo grossi capitali da investire scelgono di fare della creatività – piuttosto che dei soldi- e dell’immaginazione gli elementi centrali delle loro comunicazioni. Un modo sottile e acuto per spostare la competizione con le grandi imprese su un terreno dove ciò che conta non sono i mezzi economici ma l’efficacia del messaggio, non la sua preponderanza (più investo, maggiore è la pubblicità che riesco a fare sui giornali o attraverso i canali televisivi) ma il modo in cui viene veicolato.
L’arma vincente: la creatività agita. Colpire, ottenere il massimo impatto… in altre parole avere successo. Strumenti non convenzionali non significa obiettivi non convenzionali: il guerrilla marketing mira infatti dritto dove mira anche il marketing tradizionale, cioè a colpire nel segno. In una società sempre più sorda- o assordata – da campagne pubblicitarie che travolgono la quotidianità fino a occupare anche gli spazi della vita privata, il marketing alternativo si presenta come un’opportunità per “comunicare” e quindi trasmettere un messaggio invece di limitarsi a diffonderlo e ripeterlo. L’azione è il metodo principale impiegato per attirare l’attenzione di persone sempre più indifferenti e in un certo senso immuni ai contenuti della pubblicità tradizionale. L’azione diretta consente infatti di trasmettere non solo con chiarezza ma anche con estrema forza il messaggio coinvolgendo direttamente gli interlocutori fino ad arrivare a suscitare anche l’interesse e/o la curiosità dei media.
L’effetto word-of mouth e l’origine della viralità. Per avere successo un’azione di guerrilla marketing deve essere pianificata (eh già, anche se non è convenzionale si tratta sempre di un’azione di marketing che quindi deve essere attentamente pianificata) in modo da risultare notiziabile dai media e da generare un effetto spontaneo di passaparola. Il guerrilla marketing fa infatti dell’uso delle tecnologie esistenti come strumento di diffusione uno dei propri principi base: è l’origine del concetto di viralità, oggi obiettivo imprescindibile per qualsiasi tipo di comunicazione attuata attraverso i social.
Un’azione di guerrilla marketing non può trascurare nessuno di questi tre aspetti: un’azione scarsamente creativa e fortemente virale sarebbe infatti tanto inefficace quanto una altamente creativa ma priva di seguito.
Giusto per fare due esempi
Per dare un’idea di cosa sia, nel concreto, il guerrilla marketing possiamo rifarci a due esempi. Pensiamo a quale livello di notiziabilità possa avere un atterraggio UFO… era il 2001 quando il Comune di Riccione, nel pieno della campagna “Riccione: ultimo pianeta prima della Terra” finalizzata a rilanciare l’immagine della riviera romagnola decise di inscenare un atterraggio UFO di fronte all’Acquafan della nota località turistica richiamando così l’attenzione di tutti i media… e anche delle forze dell’ordine.
Ma anche la paura è un importantissimo elemento emotivo in grado di catalizzare l’attenzione di milioni di persone. Per questo nel 1999 i registi del film “The Blair Witch Project”, un horror ispirato ad alcune misteriose sparizioni a Blair (Maryland) attribuite a una strega, decisero di rendere più reale la storia costruendo un sito web che riportava rapporti di polizia e interviste di testimoni e affissero anche manifesti con le foto degli attori scomparsi… un’operazione discutibile che fruttò però alla pellicola il successo desiderato.
L’evoluzione del guerrilla marketing e le nuove frontiere del guerrilla advertising
Strategie, modi, tecniche per colpire il consumatore di sorpresa sono andate crescendo e modificandosi nel tempo, intrecciandosi, sperimentando e contaminandosi. La storia del Guerrilla è fatta di episodi e idee che sono state lanciate come un fulmine a ciel sereno, seguite e poi abbandonate quando perdevano in originalità perché abusate. Dai primi tentativi che apparivano quasi come improvvisazioni si sono cominciate a costruire teorie e strategie: non più solo azioni solitarie ma veri e propri metodi e piani di azione sempre più strutturati e affidabili. Manuali. Corsi. Fino a varcare le soglie dell’advertising, un universo dominato da budget consistenti, grandi campagne e un’unica strategia: attirare l’attenzione del consumatore comunicando qualcosa che non conosceva e fornendo informazioni sul prodotto. Un metodo a senso unico che però nel tempo, con un pubblico sempre più informato e allo stesso tempo distratto, ma soprattutto in grado di riconoscere il messaggio pubblicitario oltre i contenuti, ha iniziato a perdere in efficacia ed attrattiva. Il modo di fare pubblicità ha iniziato così a trovarsi di fronte alla necessità di arricchirsi e dotarsi d nuovi strumenti non convenzionali e di rivitalizzarsi andando oltre i canali tradizionali per incontrare la gente su nuovi terreni, nella quotidianità delle loro vite e delle loro azioni in un modo nuovo e sorprendente. Il guerrilla advertising ha iniziato così a scendere nelle strade occupando superfici, spazi, mezzi pubblici: è qui che lo incontriamo sotto forma di strisce pedonali dipinte da un enorme tubetto di bianchetto prodotto da un’azienda fornitrice di materiale di cancelleria, o di curiose panchine che ricordano la confezione del KitKat o ancora sugli autobus pubblici dove le maniglie personalizzate dal brand di orologi IWC diventano un ingegnoso modo per mostrare come uno dei propri prodotti starebbe al polso… un orologio o un bianchetto dove meno te lo aspetti: ecco il segreto del guerrilla advertising.
Il guerrilla prima – o oltre – gli usi commerciali
La tecnica di comunicazione del guerrilla marketing volta al attirare l’attenzione spezzando l’ordinarietà è stata ed è tuttora alla base non solo delle campagne pubblicitarie ma anche dei movimenti di contestazione politica e sociale da cui il marketing ha spesso preso spunto: dai “bed-in” di John Lennon e Yoko Ono – vera e propria “campagna pubblicitaria per la pace”, alle giornate commemorative o contro la discriminazione degli omosessuali, le azioni per richiamare l’attenzione e ricondurla a una causa sono numerose e diverse. Basta pensare ad associazioni quali Unicef, Greenpeace e Amnesty International e a come il loro modo di comunicare si sia evoluto nel tempo verso forme più dirette, audaci e coinvolgenti. Forme spesso distanti e contrastanti da quelle tipiche del guerrilla marketing ma con un punto in comune: essere creative.